Estratto da L'audioproresista (*) numero 46 (ottobre 2018)
(*) rivista TECNICO-SCIENTIFICA dell'udito organo ufficiale del Comparto audioprotesico italiano, dell’Ana, Associazione Nazionale Audioprotesisti, e dell’Anap, Associazione Nazionale Audioprotesisti Professionali Membro dell’Associazione europea degli Audioprotesisti
Nel primo articolo di questa serie abbiamo illustrato perché i portatori di impianto cocleare tendano ad avere una percezione acuta del suono, con una traslazione globale media dell’intero spettro acustico dai 650 Hz in su [1], da cui l’affermazione che “l’impianto lavora bene sulle frequenze acute mentre la protesi su quelle gravi”. Nel secondo articolo abbiamo analizzato la prima delle due cause di questo fenomeno ovvero la copertura parziale della coclea da parte dell’array di elettrodi e come “correggerne” gli effetti utilizzando un elettrodo “lungo” che punti a coprire anche il giro medio-apicale. Così facendo è infatti possibile ridurre parzialmente questo “disallineamento frequenziale”, facendo sì che la frequenza più grave percepita passi mediamente dai 650 Hz ai 300 Hz [2-3], guadagnando di fatto la percezione di un’ottava. In questo terzo articolo, vedremo come, introducendo un ulteriore elemento tecnologico nella stimolazione del nervo acustico, sia possibile correggere ulteriormente tale disallineamento, fino a ridurlo del tutto.
INVILUPPO e CODIFICA DELLA STRUTTURA FINE DEL SUONO
Come già illustrato nel primo articolo, l’orecchio interno codifica in maniera diversa frequenze gravi e acute. Le prime vengono codificate sia tramite un meccanismo tonotopico (in base al punto in cui vibra la membrana basilare) che tramite un meccanismo temporale
(i neuroni scaricano mediamente alla stessa frequenza del suono
codificato); le frequenze acute invece vengono codificate sulla base
della sola tonotopicità.
La scarica dei neuroni “a tempo” con lo stimolo sonoro prende il nome di codifica della struttura fine ed è responsabile della corretta percezione dei suoni gravi.
Per molto tempo gli impianti cocleari hanno utilizzato solo il principio tonotopico per codificare tutte le frequenze, ovvero attivando diversi elettrodi stimolanti in diversi punti della coclea, per comunicare toni gravi (in apice) o acuti (in base). Lo stimolo emesso dai vari elettrodi consisteva però in impulsi di corrente a frequenze elevate (solitamente superiori ai 1000 Hz) che forzavano i neuroni a lavorare alla loro velocità di scarica massima, senza permettere loro di “tenere il tempo” (Fig. 1B).
L’effetto di rate elevati nella stimolazione delle basse frequenze, è ancora una volta, una percezione più acuta dei suoni da parte del paziente [2-3]. Anche da questo punto di vista però la tecnologia ha fatto passi avanti ed oggi esistono strategie in grado di codificare la struttura fine, utilizzando rate di stimolazione specifici per ciascun elettrodo (Fig. 3C). In questo modo è possibile stimolare l’apice della coclea “lentamente”, innescando la sincronia fra stimolo e risposta neurale e stimolare la base a rate elevati, garantendo sia la qualità “tonale” propria delle basse frequenze che la chiarezza verbale, propria delle frequenze acute.
I più recenti studi dimostrano come, utilizzando strategie di codifica della struttura fine in combinazione con un elettrodo lungo, in grado di stimolare la parte apicale della coclea, sia effettivamente possibile ripristinare una completa percezione delle basse frequenze, dai 100 Hz in su, come dimostrato sui pazienti con sordità monolaterale [2-3], guadagnando oltre due ottave rispetto ai 650 Hz da cui eravamo partiti. Gli stessi studi dimostrano altresì come, per ottenere un allineamento ottimale, ciascun paziente necessiti di una precisa valutazione della profondità di inserimento e dei rate di stimolazione [2]: a fronte di tali evidenze, le più recenti innovazioni in materia di impianto cocleare vanno nella direzione di creare una stimolazione “su misura” per ciascun paziente, ovvero:
- la selezione preoperatoria dell’elettrodo della giusta lunghezza su base TAC (Fig. 2A - 2B);
- la valutazione di quali frequenze siano realmente di pertinenza di ciascun elettrodo stimolante, sulla base della TAC post operatoria (Fig. 2C - 2D);
- l’assegnazione di tali frequenze tramite i moderni software di fitting.
Questi progressi hanno portato l’impianto a un costante aumento della qualità di ascolto e all’ampliamento delle indicazioni di candidatura. Quello che in definitiva possiamo senz’altro dire è che oggi anche l’impianto cocleare può “lavorare bene” sulle basse frequenze. L’approccio alla protesizzazione bimodale può dunque fare un passo in avanti: da un’idea di complementarietà, in cui i due dispositivi si compensavano a un’idea di reale binauralità dove si forniscono informazioni quanto più simili possibili alle due orecchie.
1 McDermott H, Sucher C, Simpson A - Electro-acoustic stimulation. Acoustic and electric pitch comparisons - Otology & Neurotology (2014)
35(10):1773-9.
2 Schatzer R., Vermeire K., Visser D., Krenmayr A., Kals M., Voormolen M., Van de Heyning P., Zierhofer C.- Electric-acoustic pitch comparisons
in single-sided-deaf cochlear implant users: Frequency-place functions and rate pitch - Hearing Research (2014), 309 :26-35.
3 Prentiss S., Staecker H., Wolford B. - Ipsilateral acoustic electric pitch matching: A case study of cochlear implantation in an up-sloping hearing
loss with preserved hearing across multiple frequencies - Cochlear Implants Int.2014 May;15(3):161-5.
4 Andersen H., Lie W., Erixon E., Kinnefors A., Pfaller K., Schrott-Fischer A., Glueckert R - Human cochlea: Anatomical characteristics and their
relevance for cochlear implantation. - Rask-. Anat Rec (Hoboken) (2012), 295(11):1791-811.
5 Landsberg D.L., Svrakich M., Roland Jr. J.T., Svirsky M. - The Relationship Between Insertion Angles, Default Frequency Allocations, and Spiral
Ganglion Place Pitch in Cochlear Implants - Ear & Hearing. (2015), 36(5),207-13.
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