Mi chiamo Elena, ho 46 anni e sono una persona semplice che nel corso della vita ha affrontato dure prove.
Tutto è cominciato dalla nascita, allora non veniva eseguito lo screening neonatale come adesso.
I miei genitori si sono accorti e arresi all'evidenza che qualcosa non andava quando avevo l’età di due anni; da qui la trafila di visite, ricoveri e accertamenti medici che hanno portato alla conferma della mia sordità. Ho messo le protesi acustiche e iniziato un faticoso percorso con la logopedista per apprendere la lingua parlata e la lettura labiale.
Ho un ricordo molto vivo delle visite mediche presso le commissioni per l’accertamento della sordità, ero molto piccola ed è stato un trauma trovarmi di fronte a quei dottori vestiti di bianco dietro ai banconi, che mi osservavano e parlottavano tra loro; avevo la sensazione di essere messa sotto una lente di ingrandimento e di essere un esemplare strano, mi sentivo a disagio e impaurita. Ringrazio i miei genitori per il coraggio che hanno dimostrato non cedere alla disperazione della mia sordità e per la decisione di tenermi con loro rifiutando, come consigliarono alcuni dottori, di mettermi in un istituto per sordi.
La mia infanzia è volata via fra visite, logopedia ed esercizi a casa ma che mi hanno permesso però di ottenere ottimi risultati.
Il poco che percepivo con la protesi acustica era all'orecchio destro, mentre al sinistro nemmeno con quella udivo qualche segnale.
Quando toglievo la protesi cadevo in un silenzio assordante, da bimba mi faceva paura, c'erano giorni e notti in cui piangevo spaventata dal silenzio, a volte rotto da fischi improvvisi.
Il silenzio con il tempo è diventato un alleato nel potevo rifugiarmi nei momenti più tristi, per assimilare e superare la delusione, ma anche nei momenti belli, per poter assaporare e allungare la gioia di un avvenimento felice.
Con la protesi era un sentire piatto senza sfumature, non avevo la percezione dello spazio: non capivo se mi chiamavano o se mi parlano da dietro o davanti oppure ancora dall'alto, non coglievo appieno gli accenti, così anche il mio parlato era monotono.
Nonostante questo ho sviluppato poi un lessico vario e completo.
Con l'inizio della scuola sono sopraggiunte altre difficoltà, uno scoglio da superare durante l’istruzione era l’insegnante quando mi dava le spalle.
Avevo bisogno del contatto visivo e della lettura labiale, senza ero persa. Ho provato sulla mia pelle l’insensibilità e la cattiveria sia da parte degli insegnanti che dei compagni di scuola. Il periodo più pesante è stato alle medie in cui alcuni professori mi hanno praticamente relegato in un angolo, senza mai coinvolgermi all'attività didattica e mai chiamato a interrogazioni creando in me una profonda sfiducia. Mai mi sono sentita così umiliata.
L’ insegnate di sostegno tutte le volte mi faceva uscire dall'aula per andare in una stanza da sola con lei, un'esperienza che non ho vissuto bene.
Sono stati tanti i perché, tante le domande formulate alle quali i miei non hanno saputo darmi una risposta che mi desse soddisfazione o quella serenità di cui avevo bisogno.
Avevo infatti deciso di lasciare la scuola sfiduciata e delusa dall'esperienza avuta, ma ancora una volta i miei genitori sono stati determinati e hanno deciso di iscrivermi a un Istituto d'arte, ho iniziato con molta diffidenza l’anno scolastico e rifiutato l’insegnante di sostegno. A differenza di quanto successo alle scuole medie ho un ricordo bellissimo del rapporto instaurato con i professori, hanno saputo conquistare la mia fiducia e stimolare la mia curiosità. Nei cinque anni che ho frequentato questo Istituto sono cresciuta e maturata, ho affrontato e superato molte delle difficoltà.
In generale sono stata emarginata da adulti e da ragazzi, in ogni contesto. Era facile chiedere e prendere, al contrario dare supporto a me quando ne avevo bisogno. Volevo solo partecipare a giochi, discussioni e molti mi dicevano: “Oggi no!”, “ Non ricordo”, “Tanto non capisci”, oppure “Niente di importante….”.
È proprio in quel “niente” che vorrei urlare tutta la mia frustrazione nel vedermi chiudere i ponti, facendomi così sentire sola in mezzo ad una moltitudine.
Quello che per altri è scontato come sentire, ridere, parlare, per me e per tanti altri che hanno i miei stessi problemi è un'impresa, uso molto la lettura labiale. Nelle conversazioni di gruppo posso arrivare a capire alcune parole ma non a mettere a fuoco il discorso, quindi difficile potervi partecipare.
Da ragazza ho avuto pochi amici ma fondamentali, non ho mai nascosto il mio problema d’udito. Ho sempre preferito informare sia per correttezza che per rispetto, anche se non c'era bisogno, perché difficilmente si accorgevano che non sentivo grazie alla mia proprietà di linguaggio acquisita.
Qualcuno si è allontanato ed è risultato un modo per mettere alla prova la sincerità altrui. La mia famiglia ha avuto un ruolo importante, mi ha sempre supportata e amata, ho un fratello e una sorella che mi hanno aiutato a modo loro spronandomi a fare sempre meglio.
Ho incontrato la mia anima gemella, un uomo udente meraviglioso e sensibile che ha dato una bellissima svolta alla mia vita, facendomi sentire importante. Mi ha spronato ad abbattere la diffidenza dal telefono e a superare le mie insicurezze, mi è stato davvero molto vicino.
Ero una ragazza chiusa molto restia ad aprirsi con persone nuove, diffidente, forse dovuto alle tante delusioni e all'abisso che intercorreva fra il mio modo di confrontarmi e le mie esigenze rispetto alle persone udenti. Alcune non mostravano nessuna difficoltà ad interagire con me, molte invece non avevano la sensibilità e la voglia di perdersi dietro alle mie difficoltà di comunicazione. Nonostante tutto ho vissuto con spensieratezza, forse sono stata protetta troppo dai miei familiari.
Sono madre di due splendidi ragazzi, un maschio ed una femmina perfettamente udenti e anche come madre ho avuto la mia dose di difficoltà, ma anche queste sono state superate.
Penso che dai bambini abbiamo tanto da imparare, dal coraggio all'incoscienza e soprattutto dall'abile capacità di ripresa.
La mia esperienza di bambina e ragazza mi ha reso una persona molto sensibile ai problemi di vita dei miei ragazzi, essere genitori non è facile, ho cercato di essere presente, di responsabilizzarli e soprattutto di non fargli pesare la mia sordità.
Molte persone insoddisfatte di sé stesse o della loro vita non comprendono quanto in realtà siano fortunate, cosa significa quando tutto scorre senza problemi di salute. La vita delle famiglie viene sconvolta quando un figlio o un proprio caro ha problemi di salute che potrebbero pregiudicare un sereno futuro, per i genitori è uno shock venire a contatto con una realtà a loro sconosciuta, con tutte le paure e le insicurezze per il futuro.
Attualmente abbiamo: un sistema sanitario diciamo soddisfacente, internet per tenerci aggiornarti sulla tecnologia, le ricerche scientifiche e poi i social, nei quali possiamo trovare gruppi creati da persone, un modo valido per aiutarsi a vicenda e sentirci meno soli.
Improvvisamente la mia vita è stata nuovamente scombussolata cinque anni fa, quando cominciai a sentire ovattato, i fischi e ad avere fitte di dolore all'orecchio destro, quello in cui avevo ancora un residuo uditivo.
Di nuovo la trafila di esami, di visite e cure per poi sentirmi dire dai dottori che era dovuto ad una deviazione del setto nasale, per la quale consigliavano l’operazione.
Una volta operata quel miglioramento atteso non c’è stato, ho eseguito altre cure ma senza risultato, solo il lento ed inesorabile declino del mio udito.
Tre anni fa il tracollo, il poco udito residuo era ormai andato perso.
Il silenzio è calato su di me, mai mi ero immaginata di trovarmi completamente isolata, sola ma in compagnia di fortissimi acufeni che non mi davano tregua.
Ancora una volta l’affetto di miei cari ma soprattutto dei miei figli mi ha aiutato tanto, e devo a loro l’incoraggiamento per continuare ad andare avanti in un momento così difficile. Mi sentivo smarrita, brancolavo nel buio. Ancora non conoscevo il mondo virtuale e nessun gruppo che trattasse argomenti della sordità nel quale poter chiedere confronto e supporto.
Un giorno al lavoro sono crollata in un pianto ma ho sentito la solidarietà dei colleghi che mi sono stati vicini, è un momento che custodisco nel cuore.
I medici decidono di operarmi per installare un impianto cocleare, l'unica soluzione contro la sordità dopo le protesi acustiche, nel mio caso divenuta ormai inutile.
Decidono di impiantare l'orecchio destro, quello con residuo uditivo fino a poco tempo prima, l’altro è stato scartato perché non era mai stato stimolato e quindi inattivo da sempre.
Per il recupero uditivo mi avevano dato buone possibilità con l'impianto.
Il giorno prima dell'operazione il ricovero e gli ultimi controlli ma... ecco un imprevisto. Non si erano accorti che avevo una otite, con il tempo divenuta cronica e aveva reso l’orecchio inutilizzabile. Un'altra mazzata!
Non so come e dove ho trovato la forza di continuare a leggere le labbra del Professore che mi stava continuando a parlare e a dire che non avevo nessuna alternativa se non quella di operare il lato sinistro, il quale però non garantiva il risultato ottimale.
La decisione era la mia, accettare o rinunciare, ma ho pensato che oramai non avevo più niente da perdere. Ho accettato.
La notte non ho dormito, non per il pensiero dell’operazione ma per l’incognita di dover affrontare il futuro nel silenzio.
Dopo un mese l’attivazione dell’impianto, il 5 aprile del 2010, un'esperienza unica e sconvolgente: i primi suoni che mi arrivavano li percepivo come fastidi, rumori che non avevano niente a che fare con il suono. Ricominciare a sentire con l’impianto è stato un trauma, niente ti prepara a quell'esperienza nonostante mi avessero avvertito. Tutto ciò che ricordavo di aver sentito con la protesi si era azzerato, mi sono ritrovata a 43 anni ad imparare di nuovo ad ascoltare e capire. È stato difficile, tutte le tessere di un laborioso mosaico che avevo costruito nel corso della mia vita erano state rovesciate, dovevo ripartire da zero per ricollocare i suoni, ascoltare e decifrare e infine memorizzare facendo una fatica immane. Allo stesso tempo è stata anche una meravigliosa avventura, mi sentivo un'esploratrice alla scoperta di un mondo di suoni, molti mai sentiti.
I primi mesi non sentivo le differenze fra un suono e l’altro ma solo un'accozzaglia di rumori e c’è voluta tanta logopedia, tanti mappaggi ed esercizi a casa. Dovevo sentire e vedere per una migliore assimilazione dei rumori come ad esempio quello dell’acqua che esce dal rubinetto. Sono rimasta sorpresa a sentire il rumore dei miei passi o sentire mio figlio che parla al telefono in un’altra stanza. È stata una gioia immensa, poco mi importava se non capivo tutto, ma intanto sentivo!
Ci son voluti sei mesi di duro lavoro e lacrime. Un importante ruolo l’ha giocato mio marito con il suo aiuto e quello dei miei figli che quando sentivano un suono mi fermavano e mi dicevano: "Ascolta....".
Grazie al loro aiuto ho scoperto tanti meravigliosi suoni della natura che non avevo mai potuto ascoltare con la protesi. Ho finalmente scoperto il piacere di sentire! Che emozione, che felicità sentire il cuculo, i grilli, le cicale ma anche il vento che sussurra tra i rami, il meraviglioso suono della risacca delle onde del mare! Il ticchettio dell'orologio! Il cullare della pioggia che cade sul tetto! Sentire il rumore delle foglie secche mentre le calpesto è stato un balsamo per il mio cuore e per la mia mente.
Sono rinata, la mia vita è migliorata per molti versi.
Nell'ultimo periodo dell’isolamento acustico ho conosciuto tramite social tante persone con i miei stessi problemi, mi sono iscritta a gruppi che sono stati molto importanti. Siamo una grande e bellissima famiglia virtuale dove l’imperativo è aiutare, consigliare, consolare, fare confronti costruttivi, da qui sono nate delle amicizie e diverse sono divenute realtà.
Dopo tanta logopedia ho raggiunto un equilibrio, sono migliorata nella fiducia, nel parlato e dico anche nel sentire, anche se ho sempre davanti a me degli ostacoli; quando sono al lavoro oppure in ambienti rumorosi con tanti stimoli sonori, la stampante, il rumore dei tasti del pc, più persone che parlano, sentire ma non riuscire a capire è veramente frustrante. Mi ritrovo spesso a chiedere alle persone di ripetere le parole, a volte vengo accontentata altre invece no.
Da una parte le capisco e comprendo mentre dall'altra penso che basterebbe molto poco.
Sentire, riconoscere e rispondere al mio nome dopo tanto tempo è stato il momento che mi ha fatto capire che ero sulla buona strada.
Tutto è più facile nei momenti di tranquillità come in casa oppure in un posto con pochi rumori. Sentire parlare e capire per me ancora non è immediato, devo ragionare su quello che sento, devo lavorare per collocare tutto al suo posto. Molti non si rendono conto di quanto siano fortunati a sentire senza apparecchi, per loro è una cosa scontata, mentre per me non lo è.
Sono consapevole che tante cose mi sono state negate, che non potrò mai sapere cosa significa sentire in modo naturale, da normoudente.
Il labiale è ancora fondamentale e senza quello fatico molto di più, in molte situazioni mi sento persa. È facile per gli udenti, anche senza volere, emarginare chi non sente.
La nostra è una disabilità invisibile.
Penso che la vita ci sia stata donata per viverla appieno con il suo bagaglio di gioie e di dolori, senza questi non avrebbe senso. Senza il rispetto verso gli altri non c’è rispetto nemmeno per noi stessi, nessuno deve farmi sentire inferiore senza il mio permesso!
La vita ci pone davanti dure prove ma sta a noi decidere se rialzarci oppure lasciarci andare, io ho scelto e sempre sceglierò la prima!
Tutte queste esperienze mi hanno reso la persona che sono, una donna che guarda al futuro, con fede e speranza consapevole che dovrà sempre combattere. Dovrò esercitarmi per mantenere e ottenere miglioramenti ogni giorno e mi rendo sempre più conto di quanto abbia guadagnato. Il cammino intrapreso non finirà mai se voglio continuare a meravigliarmi ad ascoltare le voci dell’Universo.
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