La confusione del sentire
Tiro un po' le somme di questi 3 mesi da "udente". Se devo essere sincera, la parola che più onestamente può descriverli è "confusione".
La maggior parte del tempo non so cosa sto sentendo, come, da dove, perché, la maggior parte del tempo, quello che sento o mi dà fastidio o non lo capisco.
E’ bello sapere che sento persino il ticchettio dell’orologio o cadere uno spillo, ma non sempre riesco a riconoscere come ciò possa apportarmi beneficio immediato, quando non sento il campanello, ne l’acqua che scorre indisturbata da due ore perché ho dimenticato il rubinetto aperto.
Fin dall’attivazione ho capito che dovevo crearmi un rifugio sicuro per arginare questa confusione.
Così ho contattato molte persone ed ho trovato una serie d’aiutanti che ogni giorno, m’accompagnano in quest’avventura che è sentire.
Il problema è che tutte queste persone non bastano a compensare il Gap di capire anche l’85% in sala esercizi e poi non riuscire a cogliere manco un semplice “buongiorno” detto dall’edicolante, il dover sopportare suoni incomprensibili e fortissimi che non mi servono a nulla contrapposti all’allegria del comprendere una persona alla quale non avevo mai capito una parola, sommato allo sconcerto di non riuscire a cogliere un discorso pronunciato dalla stessa persona a distanza diversa o il non riuscire a percepire frasi semplicissime, dette da qualcuno a cui tengo moltissimo e comprendere perfettamente indicazioni tecnico-scientifiche da un antipatico sconosciuto, l’ottenere una sera, risultati strabilianti con uno dei tanti software di logopedia e rassegnarmi a che il giorno dopo, la collega volenterosa che mi aiuta a testare l’impianto, non riesca a farmi capire le 5 parole guida*, neppure ripetendole fino a sfiorare il grottesco. Il tutto aggrovigliato, disordinatamente lungo le mie giornate senza darmi un respiro.... Montagne russe.
Oggi la confusione è finita
Ero con Chiara, (la cui caratteristica principale è quella d’avere la voce perfetta per un impiantato, né troppo bassa, né troppo alta, pulita, precisa, limpida di riecheggi) nel bar più rumoroso di Rovigo, dove a volte facciamo le nostre esercitazioni.
Dopo aver fatto i soliti esercizi a bocca schermata, tiro fuori un testo tecnico e gli chiedo di dettarmelo a lettura labiale, perché, nonostante con le frasi composte non avessimo avuto problemi, i 90 decibel che imperversavano nel locale, rendevano troppo difficoltosa la dettatura a bocca schermata, sia perché appiattisce notabilmente la cadenza, sia perché la complessità dei termini l’obbligavano a troppe ripetizioni.
Vado avanti per due pagine scrivendo a tutta velocità e parecchio infastidita di dover fare lettura labiale (è qualcosa che non facevo quasi mai in esercitazione).
Dopo due pagine, mi fermo. Ero innervosita ed insoddisfatta, non riuscivo a tirar fuori da quell'esercizio un dato statistico rilevante e quello mi dava una sensazione di profonda inutilità.
Quando stavamo per finire gli dico "aspetta, puoi restare mezz'ora ancora? Facciamo altre due pagine ma a antenna staccata" (processore spento) “così da riuscire almeno a misurare il beneficio guadagnato dal suono della tua voce sulla lettura labiale”.
Dopo 5 minuti l'ho congedata. Non riuscivo manco a andare avanti per un paio di righe. Era impossibile continuare: non afferravo nulla (e non sono mai stata una virtuosa della lettura labiale, ma neppure una mezza calzetta: me la cavavo). Eppure ...eppure...io sono andata avanti così per 40 anni. Facendo una fatica bestia. Capendo le cose da chissà dove è chissà come. Ho preso una laurea e mezza, un master, una specializzazione, ho fatto la consulente, la responsabile qualità, persino la ballerina classica così.
Ma come facevo???
Ora capisco finalmente due cose. L'ammirazione, che non ho mai capito e credevo totalmente immeritata che gli altri sentivano per me e... purtroppo, anche il fatto che ho avuto una vita davvero dura, difficoltosa, solo che non me ne rendevo conto.
Con Chiara, dalla voce ideale, facevo una fatica tale a leggerle il labiale senza il processore, che avrei voluto finire quella tortura dopo pochi secondi, (tre mesi fa, sarebbe stata la tipica persona che detestavo incontrare, perché non riuscivo a capirle manco una parola).
Ho resistito ben 5 minuti. Ma prima di quello, avevo resistito 40 anni. Devo dire, che il sentimento di gratitudine che mi ha pervaso, è stato enorme. Quanto mi ha dato l’impianto cocleare, mi risulta difficilmente paragonabile o assimilabile a nulla che abbia provato prima.
Ora capisco l'impegno di Pablo, di Mauro, di Jodi, di tanti altri di voler restituire. Quello che abbiamo ricevuto ci sembra troppo. Un regalo grandissimo, sproporzionato. Poi c'è la consapevolezza di sapere dei tanti che soffrono, senza sapere neanche di soffrire, tante vite difficili, complicate che potrebbero diventare più lievi.
Posso solo desiderare ardentemente di poter avvicinare altre vite a questo percorso, perché in realtà, non avrei mai immaginato che una parte che non credevo così importante della mia esistenza, potesse diventare un regalo così immenso. Grazie, grazie, grazie, grazie, grazie.
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