Sono una ragazza di 26 anni sorda profonda sin dalla nascita e protesizzata bilateralmente. Mi sono sempre accontentata delle protesi, mi permettevano un "mediocre" recupero e, grazie alla lettura labiale su cui mi sono abbastanza appoggiata, ho cercato di stare al passo dei normoudenti, nonostante le mille difficoltà da affrontare ogni giorno. Arriva però il momento in cui la vita ti fa uno sgambetto e ti mette di fronte al fatto che, vogliamo o no, dobbiamo fare i conti con la nostra condizione. Quel momento per me è arrivato quando ho cominciato a rendermi conto che sentivo sempre meno. Mi sono insospettita e ho iniziato una serie di esami e visite per cercare di capire meglio. Il risultato delle visite e degli esami non è stato dei più incoraggianti : la perdita, del residuo di udito nell'orecchio destro, era tale ormai tale da rendere inutilizzabile la protesi. Ho dovuta cominciare ad "arrangiarmi" col solo orecchio sinistro, nella speranza che rimanesse "stabile". In questo periodo ho vissuto praticamente aggrappata a questa speranza anche perché, pur essendo "candidata" all'impianto cocleare e pur avendo ricevuto la proposto di fare l'impianto cocleare, rifituai l'offerta andando avanti così, con quel poco che avevo. Rifiutavo l 'impianto in maniera categorica perché mi spaventava l'idea di dover subire un intervento ma in modo particolare non accettavo l' idea che mi venisse inserito un corpo estraneo. Per diversi anni mi sono "trascinata" in questo modo, sforzandomi ed adattandomi ogni volta ai diversi cali di udito a cui andavo in contro. Ad un certo punto però, le mie paure cominciano a concretizzarsi: l'unico orecchio rimasto o quel poco di udito che era rimasto, mi stava abbandonando. Per cause ancora ignote stavo diventando completamente sorda. Come ricordo di questo periodo? Ricordo che ero sconforta, stavo molto giù ed ho cominciato ad isolarmi da tutto e tutti. Ma come si dice, quando stai per toccare il fondo devi scegliere se rimanere in uno stato quasi vegetativo e doloroso o se provare a risalire. In quel fondo ho visto tante, troppo rinunce e soprattutto, non era possibile continuare così, non era quello che volevo. Io volevo amarmi, dovevo amarmi e non dovevo assolutamente permettere che tutte le mie "piccole" vittorie, faticosamente collezionate nel corso del tempo, i miei progressi personali, la tanto sofferta e conquistata integrazione sociale, andassero pian piano perduti rendendo così vani tutti i miei sforzi e sacrifici. Non me lo potevo e non lo volevo permettere. Mi sono chiesta: cosa ho da perdere? E ho capito che in quel momento non avendo ormai più nulla da perdere. Mi sono armata di un po' di coraggio e ho iniziato muovermi:
- Ho cominciato parlando con persone che avevano vissuto la mia stessa situazione e poi ho fatto consulti professionali.
- Mi sono adoperata per raccogliere più informazioni possibili ovunque.
- Ho fatto diverse visite fino ad arrivare ad un traguardo importantissimo: l'idoneità all'IC. Sto benedetto impianto che ho dovuto aspettare per ben 6 mesi.
Ricordo quell'ansia snervante prima del ricovero. In costante aumento con l'avvicinarsi della data X per poi essersi dissolta in un nanosecondo quando finalmente il grande giorno, due infermieri mi hanno chiesto, prima di portarmi in camera operatoria: < Sei pronta? ...Sì! > Una liberazione!
Ad oggi sono due mesi che sono stata operata e sto esplorare pian piano un nuovo mondo fatto di rumori e suoni ancora da decifrare. Sono consapevole del duro lavoro che mi aspetta, così come sono sicura e più che certa di aver fatto la scelta migliore. Ho un obiettivo quello di portare questa maledetta curva audiometrica più in alto possibile e, se possibile, volare in alto con lei perché sento che è arrivato il momento di riprendere in mano la mia vita e "rituffarmi" nel mondo dal quale, tempo fa, mi sono estraniata.
PS: Da appassionata di fotografia non potevo non postare una mia foto a testimonianza, fatta a distanza di pochi giorni dall'operazione che per me rappresenta IL PUNTO ZERO
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